NELLA TANA DEL LUPO

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Abbiamo incontrato Luca Caviglia per la prima volta grazie al programma di formazione professionale continua che noi AMM siamo tenuti a svolgere. Luca era relatore del corso per operatori di ecoturismo organizzato nell’ambito del progetto europeo LIFE WOLFALPS EU

Ciao Luca, è un piacere averti ospite nel nostro blog

Grazie a voi per l’invito a intervenire, è assolutamente un piacere.

Vuoi presentarti ai nostri lettori?

Sono un etologo, laureato in Scienze Naturali a Genova e successivamente in “Evoluzione del Comportamento Animale e dell’Uomo” all’Università di Torino. Nel 2019 ho conseguito l’abilitazione ad Accompagnatore di Media Montagna ed attualmente sono iscritto al Collegio delle Guide Alpine della Liguria. Infine, da gennaio 2023 sono un Guardiaparco dell’Ente delle Aree Protette delle Alpi Marittime, in provincia di Cuneo.

Sono ormai tanti anni che mi occupo di ricerca e monitoraggio del lupo, dallo scorso anno nell’ambito del Life WolfAlps EU, prima nella veste di ricercatore universitario e oggi in qualità di guardiaparco dell’ente capofila del progetto europeo.

Il lupo (con l’orso) ha riempito le pagine di molti giornali e le bacheche di tanti social negli ultimi tempi. Come giudichi l’informazione che passa attraverso mass media e social network riguardo ai grandi predatori?

Il lupo è una specie molto mediatica che desta in noi un grande fascino. Si scrive e si parla fin troppo di questa specie e, volenti o nolenti, si genera una grande confusione in cui inevitabilmente prosperano disinformazione e strumentalizzazione.

La conservazione del lupo è un classico argomento in cui la percezione prende il sopravvento sulla competenza e dove gli elementi scientifici spesso rimbalzano contro un muro di credenze, pregiudizi e miti difficilmente eliminabili.

Oggi comunicare il lupo è diventato davvero difficile, soprattutto sui social network, ormai trasformatisi in un’arena in cui finisce per imporsi chi semplifica e usa toni più aggressivi a scapito di chi offre letture oggettive e consapevoli. Bisogna impegnarsi a essere maggiormente proattivi, anche intervenendo nella formazione di giornalisti, docenti e guide, figure che possono e devono giocare un ruolo importante nella comunicazione di tematiche così sensibili.

Immagine tratta da Wikipedia

È possibile la convivenza tra l’uomo ed il lupo?

La convivenza con i grandi predatori è certamente possibile, ma non senza rispetto e conoscenza di queste specie. Solo riconoscendo il valore (ecologico, ambientale e culturale) della presenza del lupo si potranno comprendere e di conseguenza accettare dei compromessi, necessari a porre le basi per una reale coesistenza.

Se invece a prevalere fossero il desiderio di controllo totale sulla natura e la visione utilitaristica della stessa, allora non potrebbe che accendersi un conflitto sempre più aspro. Il settore più coinvolto è senz’altro la zootecnia, ma esistono strumenti di prevenzione (recinzioni elettrificate, dissuasori, cani da guardiania) e comportamenti (presenza costante del pastore, stabulazione notturna dei capi ecc.) che se adottati possono effettivamente ridurre il rischio di subire delle predazioni.

Vale la pena ricordare come nell’ambito del progetto Life WolfAlps siano state create delle Squadre di Pronto Intervento (WPIU), che intervengono per offrire aiuto agli allevatori nella prevenzione degli attacchi, nel reperimento e la messa in opera di sistemi di prevenzione, nell’assistenza all’accesso alle misure di indennizzo e supporto alla prevenzione, nel corretto utilizzo dei cani da guardiania. Realtà virtuose che hanno applicato tutte le disposizioni hanno spesso poi registrato l’assenza di perdite.

Esempi di impronte: inscrivibile in una circonferenza quella del cane, in un’ellissi quelle di lupo e volpe, ma di dimensioni ben differenti

Anche l’ampiezza del passo ci aiuta a determinare la specie, nel caso del lupo è di 80-100cm. L’andamento del lupo è principalmente in linea retta (il cane è ondivago) e pone le zampe posteriori sulle orme delle zampe anteriori

L’opinione pubblica è divisa tra chi vorrebbe abbattere tutti i grandi predatori e chi li vede come dei teneri peluche, come si pone il progetto LIFE Wolfalps al riguardo?

Una corretta comunicazione e la ricerca di un continuo dialogo con tutti i potenziali stakeholders è uno dei principi cardine del Life WolfAlps.

Il progetto adotta un approccio che muove dalla consapevolezza che non tutti hanno una conoscenza scientifica del lupo, ma tutti ne hanno sentito parlare e, spesso, hanno un’opinione sul predatore fondata più su tradizioni e pregiudizi che su fatti e dati scientifici.

In questo modo viene ad alimentarsi sempre più un conflitto sociale che vede contrapposti gli abitanti delle aree rurali, che devono convivere con il predatore e hanno un atteggiamento più ostile, e gli abitanti delle aree urbane, che si esprimono generalmente a favore della conservazione del lupo.

Il progetto deve imporsi quale interlocutore equilibrato, riuscendo a fornire tutti gli elementi ai cittadini per affrontare in sicurezza e serenità il ritorno del lupo. Per questo mette in campo un’ampia gamma di strumenti: il sito web, workshop, corsi di formazione, conferenze tematiche, articoli, video, social media e soprattutto piattaforme in cui coinvolgere e ascoltare i vari portatori d’interesse, dove non solo possano condividere i problemi ma anche proporre e realizzare soluzioni.

Diversi allevatori sostengono che il progetto LWA sia causa dei loro mali, e che il progetto non miri alla realizzazione di una convivenza tra uomo e grandi predatori, ma solo a portare benefici economici ai promotori del progetto stesso, cosa vuoi rispondere a queste persone?

Rispondo di non sottrarsi al dialogo arroccandosi dietro convinzioni ataviche e pseudoscientifiche, o ancor peggio faziosamente politicizzate. Il progetto vive di persone che lavorano in assoluta trasparenza e onestà, quella che spesso manca in chi muove certe accuse.

Altro segno di presenza del lupo, la “fatta” (termine tecnico, più preciso e più elegante di cacca). Di forma allungata con estremità a punta e dimensioni fino a 15cm. Solitamente ricca di peli o frammenti di ossa o resti di animali. Se toccate possono rilasciare dei parassiti molto pericolosi per l’uomo, quindi meglio lasciarle stare!

Il controllo della popolazione prevede anche abbattimenti? In quali casi?

Innanzitutto conviene ricordare che è la stessa Direttiva Habitat, colonna portante della politica comunitaria in materia di conservazione della biodiversità, a concedere delle deroghe al divieto di abbattimento. Eccezioni in teoria vincolate ad una rigida serie di condizioni: la popolazione deve essere in uno stato di conservazione soddisfacente e il prelievo non deve pregiudicarne il mantenimento; i danni provocati devono essere particolarmente ingenti o deve essere rilevata una minaccia concreta alla sicurezza o sanità pubblica.

Ad oggi l’Italia è ormai rimasto l’unico membro dell’unione in cui vige ancora la protezione assoluta del lupo e dove non si effettua alcun abbattimento in deroga alla Direttiva Europea e alle normative nazionali. Siamo gli unici a sbagliare? Perché non seguire l’esempio della Francia e degli altri paesi che stabiliscono ogni anno una quota di prelievo per il lupo? Se si fa una valutazione oggettiva la risposta non risulta poi così difficile.

La rimozione selettiva di uno o più̀ individui responsabili di attacchi ripetuti al bestiame è un intervento che potrebbe risultare efficace solo su piccolissima scala spaziale, per esempio per una singola azienda molto esposta al rischio, e soprattutto temporale, ovvero potenziali benefici immediati ma destinati ad esaurirsi nel brevissimo termine.

Una simile scelta gestionale su ampia scala non è praticabile ne tantomeno giustificabile nelle attuali condizioni ambientali italiane.

Inoltre, come potremmo garantire l’abbattimento selettivo dell’individuo responsabile ed evitare piuttosto una caccia indiscriminata al lupo di turno? Ma anche nel caso in cui si riuscisse effettivamente a rimuovere l’esemplare reo di aver attaccato un gregge, quali risultati ci aspettiamo di ottenere?

La bibliografia in merito evidenzia chiaramente come il rischio non solo non si riduca ma risulti addirittura accentuato, dato che la destrutturazione di un branco, causata dalla perdita di qualche individuo, provoca la presenza di individui solitari o in coppia che sono i maggiori responsabili dei danni alla zootecnia.

Com’è la situazione in termini di presenze sul territorio lombardo?

In Lombardia la specie è documentata in Oltrepò pavese a partire dalla fine degli anni ’80 e oggi la presenza risulta stabile con almeno 6 branchi. A questi possiamo sicuramente aggiungere una coppia di recente formazione nel Lodigiano e la presenza nel Parco del Ticino di alcuni individui ricontattati nel corso delle ultime stagioni.

Nella porzione alpina invece le prime segnalazioni risalgono probabilmente al 1999, ma soltanto nel 2015 viene documentato il primo branco, in Val Morobbia tra la provincia di Como e il Canton Ticino, seguito nel 2019 dal branco transregionale in zona Passo del Tonale. La ricolonizzazione dell’area alpina lombarda procede piuttosto lentamente e negli ultimi tempi dobbiamo unicamente segnalare la nascita di un nuovo branco sul versante orobico delle Alpi Centrali, nell’area di Aprica e Corteno Golgi.

Chiaramente a questi dati vanno affiancate tutte le segnalazioni occasionali di possibili soggetti in dispersione, riportate ormai per tutto il territorio lombardo.

In Italia si stima la presenza di circa 3300 lupi, di cui 900 sulle Alpi, e solo poche decine in Lombardia(in espansione)

C’è il pericolo che il lupo si riproduca senza controllo e popoli le nostre montagne in grande quantità?

Assolutamente no! I grandi carnivori costituiscono popolazioni in grado di mantenere un proprio equilibrio, mediante meccanismi biologici ed ecologici.

La dispersione dei giovani, la territorialità e la competizione tra branchi (tasso di mortalità per aggressioni di conspecifici destinato ad aumentare e ad agire quale freno con la saturazione delle aree a disposizione) impediscono il raggiungimento di densità troppo elevate a livello locale.

I primi a pagarne le conseguenze sarebbero gli stessi lupi e infatti, nelle regioni ormai sature, si registra un deciso aumento del tasso di mortalità per aggressioni di conspecifici. I lupi non si fanno assolutamente sconti.

Infine, a questi fattori aggiungiamo la mortalità diretta per cause antropiche, la cui esatta dimensione è purtroppo sconosciuta, ma si concorda sullo stimare almeno un 15-20% della popolazione perso ogni anno per prelievo illegale, avvelenamento e incidenti stradali.

Possiamo quindi stare tranquilli che non subiremo alcuna invasione di lupi.

Durante il corso, mi colpì molto un riferimento che facesti alla favola di Cappuccetto Rosso…

La questione del lupo nell’immaginario collettivo è sempre molto di effetto.

Il riferimento alle fiabe, in passato un fondamentale strumento educativo per i più piccoli, era propedeutico a una riflessione più ampia sull’evoluzione del nostro rapporto con il lupo: caratterizzato fin dalle origini da una forte ambiguità, nel Medioevo e nell’Età Moderna venne risolto nella definizione univoca del lupo cattivo.

Le diverse versioni di Cappuccetto Rosso ben esemplificano questa evoluzione.

Immagine tratta da Wikipedia

Che importanza hanno i lupi nell’ecosistema? Che benefici possono apportare alle nostre regioni?

Ti faccio io una domanda: una specie deve essere necessariamente utile a noi o all’intero ecosistema per godere del diritto di vivere? E chi siamo noi per decidere se una specie “merita” di essere lasciata libera di colonizzare un’area e di compiere il proprio ciclo vitale in santa pace?

Se poi vogliamo ragionare in termine ecologici, allora certo che il lupo, alla pari degli altri grandi predatori all’apice della piramide alimentare, svolge un ruolo ecologico tanto fondamentale quanto insostituibile.

Il lupo preda gli ungulati selvatici e regola le loro popolazioni, garantendo il mantenimento di un equilibrio ecosistemico. Si tratta del classico effetto top-down, ovvero un effetto regolatore dei predatori su predatori più piccoli ma ancor più sui popolamenti di prede.

La presenza del lupo può ridurne le densità, modificarne l’uso dello spazio e i ritmi di attività, oltreché alterare le relazioni di competizione diretta e indiretta tra gli stessi erbivori. A cascata, questi cambiamenti possono causare quindi un ridotto o differente impatto sulle specie vegetali e indirettamente anche sul suolo e sugli organismi in esso presenti.

Il corso verteva sul tema ecoturismo. È possibile creare del turismo dietro la figura del lupo?

L’ecoturismo è uno dei segmenti del mercato turistico in più rapida crescita e, se correttamente interpretato, può davvero rappresentare una risorsa sia per le politiche di conservazione della natura sia per il rilancio di piccole imprese e attività tradizionali.

Tra le iniziative di maggior successo si stanno affermando quelle incentrate sulla fauna selvatica. Il lupo, grazie al suo innegabile fascino, più di altre specie può trasformarsi in un potente attrattore e in una preziosa risorsa economica. Attività che ruotano intorno al lupo possono effettivamente garantire una serie di benefici non estemporanei, perché stiamo parlando di attività replicabili e sostenibili, con modalità di fruizione a basso impatto.

Il turismo legato al lupo può generare reddito diretto e aumento dell’occupazione, oltre a entrate indirette per alberghi, ristoranti e altre infrastrutture turistiche. Uno studio condotto negli Stati Uniti all’interno del Parco nazionale di Yellowstone, per esempio, ha stimato che più di 35,5 milioni di dollari vengono spesi ogni anno dai visitatori della regione dei tre Stati (Wyoming, Montana e Idaho) che vengono per avvistare o ascoltare i lupi nel parco.

Infine, non dimentichiamo come l’ecoturismo possa giocare un ruolo per nulla secondario nell’educare i visitatori sull’ecologia del lupo e sulla coesistenza con le attività umane, aumentando la consapevolezza e promuovendo gli sforzi di conservazione a livello locale e internazionale.

Immagine tratta da Wikipedia

In conclusione, penso te l’aspettassi dall’inizio questa domanda…cosa dobbiamo fare in caso di incontri ravvicinati?

Chissà quante volte ci sarà capitato di passargli accanto senza neanche accorgersene!  Normalmente il lupo rileva la nostra presenza con grande anticipo, grazie ai suoi ottimi sensi dell’olfatto e dell’udito, e reagisce allontanandosi o rimanendo immobile e nascosto fino a quando non saremo passati oltre.

In caso di incontro a distanza, l’unica cosa che mi sento di consigliare è di apprezzare un momento che resterà forse unico in tutta la vita. Una volta che il lupo si sarà allontanato, bisognerà evitare di seguirlo e di interferire con il suo comportamento.

Gli incontri ravvicinati rimangono invece estremamente rari, nonostante l’aumento del numero di branchi e più in generale dei lupi. Quando capitano è sempre raccomandato un comportamento di rispetto e buonsenso: la cosa giusta da fare è allontanarsi con calma senza far rumore, per non disturbare e agitare l’esemplare. Rimane sempre sconsigliato correre voltando le spalle all’animale.

Se invece fosse il lupo ad avvicinarsi intenzionalmente a noi, tale comportamento anomalo andrebbe subito riferito alle autorità localmente competenti. Potrebbe infatti trattarsi di un individuo divenuto confidente, magari per colpa di qualcuno che, lasciandogli del cibo a disposizione, gli ha fatto perdere la naturale diffidenza nei confronti dell’uomo.

E se sono a spasso col cane?

Innanzitutto va ricordato come durante un’escursione in territori occupati da branchi di lupi in compagnia del mio cane, è opportuno sempre tenerlo al guinzaglio. Infatti il lupo potrebbe percepire il cane lasciato libero di vagare come un rivale o addirittura un invasore del proprio territorio, reagendo di conseguenza con un’aggressività potenzialmente letale.

Ringraziamo Luca per averci guidato in questa interessante escursione nella tana del lupo!