MA COSA VUOL DIRE AMM?

Tempo di lettura: mettevi comodi…

Tecnicamente significa Accompagnatore di Media Montagna, e fin qui ci siamo. Poi cominciano le domande: “ma quindi puoi accompagnare le persone fino a una certa altezza?” (Sì, chiaro, sopra i 2 mt non puoi, e cmq si dice quota non altezza!!!). Poi dopo che hai provato a spiegarglielo “ma quindi sei una Guida Alpina?” (Sì, certo, come no, vallo a dire alle Guide Alpine).

Lo so ragazzi, purtroppo il nomignolo (alla faccia del nomignolo, ora che hai finito di dirlo è finita l’escursione, a c c o m p a g n a t o r e d i m e d i a m o n t a g n a s e r b e l l o n i m a z z a n t i v i e n d a l m a r e) che ci hanno affibbiato non è proprio il massimo, diciamo che se ci avessero buttato dentro la parola “guida” ci avrebbero semplificato la vita, ma magari ci avrebbero fatto pagare il doppio il corso di formazione e quindi va bene così.

Tralasciamo quindi definizioni e spiegazioni formali e vediamo di raccontarvi quello che è stato per me l’approccio col fantastico mondo degli AMM.

Tutto iniziò in un lontano giorno dell’estate 2020, giusto qualche mese dopo l’inedita esperienza del lockdown, ma soprattutto dopo che quelle TDC dei miei capi mi avevano licenziato.

Ricordo ancora il momento preciso in cui Luana e Walter mi parlarono per la prima volta di questi fantomatici AMM: eravamo a Chiareggio, sul sentiero che sale alla Longoni, ammirando le cime che chiudono la Val Sissone. “Visto che ti piace andare in montagna, perché non fai il corso di a c c o m p a g n a t o r e d i m e d i a m o n t a g n a s e r b e l l o n i m a z z a n t i v i e n d a l m a r e”? Potete ben immaginare quali furono le mie prime due domande…

Qui sopra è il punto in cui ho deciso che da grande avrei fatto l’ a c c o m p a g n a t o r e d i m e d i a m o n t a g n a

Detto e fatto, mi informo subito presso il Collegio Guide Alpine che mi dice che ci sarà un incontro su Zoom dove potrò avere maggiori informazioni, che il corso partirà, pandemia permettendo, a settembre e che bisognerà superare delle prove attitudinali oltre che presentare un curriculum con un sacco di escursioni di cui almeno 15 con più di 1500 mt. di dislivello positivo effettuate negli ultimi 5 anni. Ma io ne avrò fatte giusto un paio così, del resto quando vai in montagna non è che ti metti a misurare il dislivello, poi di solito sali in macchina finché puoi e arrivi dove devi arrivare, se parti da 2000 mt. dovresti arrivare a 3500, se parti da 1500 a 3000, insomma ti ci devi proprio impegnare per fare passeggiate del genere.

Com’è o come non è, dal giorno seguente comincio a inventarmi escursioni per rimpolpare il curriculum ma, pur impegnandomi a fondo, arrivo a settembre e ancora non è completo. Per (s)fortuna ci si rimette di mezzo sta maledetta pandemia, corso rimandato e curriculum completato. Bisogna però passare le selezioni!!!

Su Zoom si collegano 400 persone, i posti disponibili sono 30, non ce la farò mai!!! Poi però alle selezioni siamo “solo” in 90, le probabilità aumentano.. Dobbiamo superare, nell’ordine: test generico di conoscenza della montagna, colloquio con discussione del curriculum e motivazioni a svolgere la professione, prova fisica di 700 mt di dislivello da superare in 1 ora sulla temuta direttissima del Cornizzolo (montagna che diventerà, grazie a quel mattacchione di Paolo, più mitica della Nord del Nanga Parbat in invernale) e successiva prova di orientamento per finire poi (se non ti sei perso) con delle prove di camminata su terreni accidentati.

Non nascondo che quando sono uscite le graduatorie ho fatto i salti di gioia, IDONEO!!!

Si parte quindi col corso vero e proprio, ma vista la situazione sanitaria le prime lezioni sono online, peccato!!! Le materie sono comunque interessanti, apprendiamo le prime nozioni di orientamento e cartografia, materiali ed equipaggiamento, primo soccorso, geologia, poi con l’approssimarsi della primavera e l’allentarsi delle restrizioni riusciamo finalmente a svolgere le lezioni in presenza, nella ridente cittadina di Eupilio.

L’entusiasmo è alle stelle, vuoi perché usciamo da un periodo di zona rossa o perché siamo tutti eccitati dall’entrare nel vivo del corso, si crea da subito un’atmosfera gioviale e collaborativa. Le lezioni, seppur interessantissime, passano quasi in secondo piano di fronte alle prove del coro dei pompieri in foresteria, alle pizze mangiate sul prato in riva al lago di Pusiano. Intuisco subito che ci sarà da divertirsi, e il tempo non mi smentirà.

Arrivano le lezioni di botanica, zoologia, tecniche escursionistiche, ancora geologia, orientamento, inglese, meteorologia e medicina di montagna, si cominciano a fare le prime uscite in ambiente mettendo in pratica quello che abbiamo imparato. Anche i docenti sono forti, abbiamo tutti in comune una grande passione per la montagna e le attività all’aperto e lo si percepisce dalla serenità e spensieratezza che contraddistingue questa prima parte del corso.

Archiviata una prima parte quasi completamente teorica, cominciano le vere uscite in ambiente. Che significa che ci si ritrova tutti in albergo per 2-3-4 giorni e poi si va a passeggiare allegramente coi vari docenti che ci illustrano sul campo le materie di propria competenza.

Si parte in Valmasino, con le guide alpine che ci insegnano le tecniche di camminata, come fare per risparmiare le energie, come camminare in modo più sicuro, come garantire la sicurezza dei nostri clienti. C’è subito anche un primo test, quello di orientamento. Nonostante i nostri sforzi, nessuno si perde veramente e la sera siamo tutti puntualmente in albergo, dove da buoni frequentatori della montagna concludiamo le giornate con una buona dose di genepì, taneda e l’immancabile Braulio.

Lezioni di tecnica di camminata in Val Masino

Si passa poi a Chiareggio, siamo agli inizi di giugno e la neve è ancora ben presente ad una quota relativamente bassa, siamo costretti quindi a tarparci un po’ le ali limitando il dislivello delle escursioni. D’altronde il modulo prevede botanica e geologia, non nivologia. Le nostre gambe però scalpitano e nemmeno la lezione di tecniche escursionistiche ci soddisfa appieno.

Siamo come una Ferrari col limitatore, vorremmo spaccare il mondo ma non è ancora il momento, adesso dobbiamo concentrarci su fiori, rocce, animali, su come muoversi in sicurezza con un gruppo. Ci sfoghiamo ognuno a modo suo al rientro in albergo, chi parte per una veloce escursione nei dintorni, chi si allena con la slack-line, chi corre, chi lavora, chi studia e chi si spacca di birre.

Prime uscite con le Guide Alpine al Lago Pirola

Quando finiscono i moduli però poi non vedi l’ora che inizi il successivo, stiamo imparando tante cose, la compagnia è bella così come i luoghi che visitiamo, nascono delle belle amicizie e dei bei momenti conviviali. È quindi il turno di Campodolcino, in Valchiavenna, due soli giorni di botanica e geologia in posti per me nuovi e che forse per quello mi affascinano un sacco.

Ogni volta che torno da un modulo sono carico di energia positiva, un po’ data dalla montagna, un po’ dalle conoscenze che apprendo e che mi arricchiscono, un po’ da un gruppo che mi piace sempre di più. Non so cosa succederà dopo, ma già so che ne è valsa la pena frequentare questo corso.

Lezione di Botanica sul campo, al Pian dei Cavalli in Valchiavenna

Si torna per un paio di giorni ad Eupilio, una lezione in classe di tecniche escursionistiche, un pizzico di legislazione tanto per spaventarci un po’ e poi qualche elemento di storia e cultura del territorio montano. Siamo come dei leoni in gabbia, ma il prossimo modulo siamo a Cepina, nel Parco dello Stelvio per 4 giorni di immersione nella zoologia…più una serie di test valutativi teorici su quanto fatto finora. Vero che avremo la possibilità di rifarli verso la fine del corso, ma il panico è creato, l’attesa per il nuovo modulo si carica di ansia, la chat di gruppo esplode ma tutto sommato la battaglia ci vede vincitori. (Quasi) tutti passiamo (quasi) tutti i test e siamo pronti per andare a stanare i selvatici.

Beh, quasi pronti, com’è noto è più facile scovare gli animali la mattina presto, quindi la sveglia alle 4 per tre giorni di seguito si fa sentire, soprattutto la sera per la cena e dopocena. Comunque qualche irriducibile c’è, poi c’è anche l’Italia del calcio che sta per dominare gli Europei quindi riusciamo comunque a fare un po’ di socialità.

I posti che visitiamo poi sono stupendi, la Val Zebrù, i laghi di Cancano, la valle del Braulio, si fa gara a chi vede prima qualcosa di interessante tra camosci, stambecchi e poi lui, il nuovo re del Parco, il gipeto. Facciamo anche una immersione nella storia della Grande Guerra, mangiando un panino tra le trincee; abbiamo la fortuna di avere nel gruppo un esperto in materia. Cominciamo anche a giocare a fare gli AMM, a turno conduciamo il gruppo e ci mettiamo alla prova, non è così facile come sembra e poi qualche compagno che ti fa i dispetti lo trovi sempre.

Ravanata fuori sentiero in Valcamonica, fa tutto parte del gioco

Siamo però alla fine di quella che potremmo definire la prima parte del corso, dal prossimo modulo entrano in azione le guide alpine e cominceremo a fare sul serio, almeno per quanto riguarda i percorsi che affronteremo. Dalle materie naturalistiche si passa infatti alle tecniche di camminata, conduzione del gruppo, tecniche escursionistiche e sicurezza, elementi molto importanti per il Collegio Guide Alpine e che ci distinguono da quelle che sono la nostra nemesi, le GAE (ma questa è un’altra storia…).

E, difatti, si torna in Valmasino dove, dopo un primo giorno di ravanate su sentieri che definire tali è un eufemismo, si parte con qualcosa di più serio: suddivisi in gruppetti, alcuni di noi affronteranno un giro ad anello per la valle della Merdarola (non scandalizzatevi, si chiama proprio così) e ad altri toccherà il Cavalcorto.

Il Cavalcorto???!!!

Ma non è quella montagna che sovrasta San Martino con quei bei paretoni verticali? Che io non mi sento poi così a mio agio sul verticale, non ho mai arrampicato a differenza di quasi tutti i miei colleghi, che infatti sono eccitati da questa avventura. Io immagino che gli istruttori stiano scherzando, anche perché ovviamente finisco nei gruppi del Cavalcorto, e invece sono seri.

Chiaramente non lo saliremo dalla paretona che abbiamo di fronte (e ci mancherebbe, siamo a c c o m p a g n a t o r i d i m e d i a m o n t a g n a s e r b e l l o n i m a z z a n t i v i e n d a l m a r e, non aspiranti guide alpine) ma studiando il percorso che dovremo fare (eh sì perché d’ora in poi saremo noi che porteremo a spasso le guide e non viceversa) passo, comunque, una notte un po’ inquieta.. ce la farò? e se non ce la faccio? e perché non dovrei farcela? Ho voglia, comunque, di mettermi alla prova. E poi mi fido dei miei istruttori e dei miei compagni, sono convinto che col loro aiuto ce la farò.

Ed è andata veramente così!!! Dopo tre ore di ravanata totale su tracce di sentiero affrontiamo l’ultima parte, per la quale non smetterò mai di essere riconoscente a Davide, l’istruttore, e ai miei compagni che mi hanno aiutato ed incitato a superare prima di tutto le mie paure. Non vi dico la soddisfazione in cima… Superata solo dalla birra al bar dei Bagni, questa volta veramente meritata!!!

In salita al Cavalcorto, qualche passo di semplice arrampicata

Dobbiamo affrontare ancora un modulo prima della pausa estiva, inizialmente programmato per la Valbondione ma per qualche disguido tecnico ripieghiamo sulla Val Tartano.

Le previsioni meteo sono pessime, ma la prima giornata ce la caviamo, gitarella botanica ai laghi di Porcile e conseguente immancabile birretta dal mitico Pirata, neanche il tempo di finirla che comincia a diluviare.

In albergo si programmano le uscite dei prossimi due giorni e ci prepariamo psicologicamente, le probabilità di uscirne zuppi sono altissime, poi quando si esce con le guide alpine i percorsi non sono mai semplicissimi.

E difatti si parte sotto cascate d’acqua, bell’allenamento per quando il maltempo ci sorprenderà coi clienti. Per fortuna l’ultimo giorno il cielo sarà un po’ più clemente e ci consentirà di salire sul Monte Cadelle, dove però la nebbia ci impedisce di ammirare il panorama circostante. Il fatto di dividersi in gruppi con istruttori diversi ogni giorno ci consente di apprendere qualcosa da ognuno di loro, e di cose da insegnare ne hanno tante!!!

Sotto la pioggia in Val Tartano, anche questo è parte del gioco

Tornando a casa c’è un po’ di malinconia, ci rivedremo tra poco meno di un mese e da quando abbiamo iniziato il corso non sono mai passate più di due settimane tra un modulo e l’altro. Vero che avremo il tempo di fare un po’ di vacanza, ma questo corso, questo gruppo, sono come una droga, non ne hai mai abbastanza.

La prossima puntata si svolge in Valcamonica, tre giorni con le guide e in più stavolta dormiremo in tenda!!! La Malga Stain è un balcone stupendo e lo skyline delle nostre tende gli dona un fascino particolare. Quelle due matte di Sara ed Erica poi hanno organizzato una cena in abito da sera con elezione di re e reginetta compresa. Vedere gente in giacca, cravatta e scarponi a 1800 mt vale da solo il prezzo del biglietto, per non parlare dell’eleganza delle ragazze.

  

Quanto mi siete mancati amici! E non solo voi, questi sentieri al cospetto del gruppo dell’Adamello sono bellissimi e per me nuovi. Prendiamo sempre più confidenza con quello che sarà il nostro mestiere, entriamo sempre di più nella parte dei conduttori e garanti della sicurezza alternandoci alla guida del gruppo, insomma un’altra tappa entusiasmante del nostro percorso formativo. All’orizzonte si profila però la settimana più bella, intensa e temuta del corso, quella degli esami valutativi che, se superati, ci consentiranno di accedere ai veri e propri esami abilitativi della Regione.

Si tratta di 8 giorni nel Parco dello Stelvio, con base a Santa Caterina. Il programma è intenso, dopo un primo giorno di ambientamento con l’ultima lezione di botanica alle pendici della vedretta dei 3 Signori, poco sopra il passo di Gavia, ci aspettano nell’ordine: recupero degli esami teorici non superati, superamento prova di 700mt in un’ora, giro di due giorni con notte in bivacco dove dovremo portarci i viveri e cucinare per le guide, rientro in albergo e ripartenza per altri due giorni con pernotto in rifugio, per concludere in bellezza con il percorso test, dove dovremo attraversare più volte un fiume saltando di sasso in sasso cercando di non scivolarci dentro.

È il mio turno, devo recuperare una materia, ma stavolta mi sono preparato bene e supero brillantemente l’esame, così come tutti gli altri colleghi.

La prova di velocità ormai non ci fa paura, siamo ben allenati e la superiamo tutti alla grande, adesso però arrivano i giorni clou. Dobbiamo programmare e preparare le prossime uscite, anche se la cosa più difficile è mettersi d’accordo sul menù per la notte in bivacco 🙂 C’è chi spinge per una grande abbuffata e chi, per risparmiarsi del peso, suggerisce addirittura i liofilizzati. In medio stat virtus , una pasta al ragù mette tutti d’accordo.

Si parte direttamente dall’albergo sotto una fitta pioggia, gireremo intorno al Monte Sobretta passando per i Bei Laghetti, destinazione la malga di Profa, alternandoci alla guida del gruppo consapevoli che ogni nostra mossa verrà valutata dall’istruttore. Insomma, un po’ di tensione c’è e le condizioni atmosferiche non semplificano di certo le cose.

Arriviamo al “bivacco” (in realtà la baita di un pastore) completamente fradici, e in attesa che ci raggiunga l’altro gruppo facciamo conoscenza con gli abitanti del posto: una mula di 30 anni, un cavallo, due simpatici maialini e alcune capre. Mentre qualcuno prepara da mangiare qualcun’ altro impara l’arte della mungitura, c’è tempo anche per fare il formaggio che mangeremo a cena.

L’atmosfera è gioviale e rilassata, grazie anche ai 5 litri di vino che Andrea ha deciso di caricarsi da solo sulle spalle; ci scambiamo informazioni sul percorso con i ragazzi dell’altro gruppo (eh sì perché il percorso è un anello ma noi lo percorriamo in senso antiorario, gli altri in senso orario) e poi tutti a nanna.

Sveglia alle 6, colazione, salutiamo il pastore e ripartiamo, la giornata di oggi prevede una salita al Corno di Boero, discesa in Val di Rezzalo per poi risalire al Passo dell’Alpe e successiva discesa alla strada del Gavia dove troveremo le macchine che ci han lasciato i ragazzi dell’altro gruppo. La giornata è bella, arriviamo senza troppe difficoltà in cima al Corno, tocca a me condurre la discesa e sinceramente non è affatto semplice.

Il pendio è molto ripido e il sentiero.. non c’è.. c’è una traccia in lontananza, devo andare a prenderla sapendo che dovrò gestire questa discesa impegnativa con un gruppo di “clienti”, dovrò fare in modo di minimizzare i rischi cercando di non sbagliare strada e di fare ciò che l’istruttore si aspetta che io faccia. Concentrazione al massimo, un po’ di tensione ma alla fine riesco a portare “in salvo” i ragazzi, quando la guida chiama il cambio mi rilasso e mi lascio condurre dai miei colleghi fino alla macchina.

Il serpentone di colleghi in salita verso il Corno Boero

In albergo ritroviamo gli altri due gruppi, che han fatto il percorso che noi faremo nei prossimi due giorni: si parte dalla Vallaccia corta, sulla strada per Livigno, si raggiunge il Rifugio Federico al Dosdè dove pernotteremo e da lì ripartiremo alla volta della Val Grosina tornando poi ad Arnoga in Valdidentro.

Il primo giorno decido di seguire il motto “via il dente, via il dolore”, e mi offro di condurre per primo. Partono subito un paio di domande dell’istruttore a cui rispondo con una bella scena muta da 1° liceo e mi accorgo di quanto, nonostante pensassi di essermi preparato bene, il nostro lavoro richieda una conoscenza molto ampia.

Partiamo quindi saltellando tra i sassi di un gandone immenso e piuttosto ripido. La nostra prima meta è una sella senza traccia obbligata dalla quale valuteremo se dirigerci verso il Monte Forcellina (3087 mt.). Faccio del mio meglio e a metà della ganda passo il testimone a Erica, la mia terza giornata di valutazione è finita qua, ma la strada da percorrere oggi sarà ancora molto lunga. Tra un cambio e l’altro alla guida del gruppo ci ritroviamo in cima al Forcellina, prima e unica volta che superiamo i 3000 mt.

Il bello di questi esami è che mentre li fai scopri posti bellissimi e panorami impagabili, se poi come me hai già finito il turno riesci a goderteli ancora di più!!! Si riparte in discesa per un ghiaione dove ci apriamo a ventaglio e liberiamo la nostra voglia di volare, sembriamo una classe di bambini quando suona la campanella di fine giornata.

Panorama a 360° dalla cima della Forcellina

Tra una ravanata e l’altra qualcuno trova anche la voglia di tuffarsi in uno dei laghetti che incontriamo per strada e con una buona dose di serenità arriviamo alla nostra meta, il bellissimo Rifugio Federico al Dosdè, dove incontriamo l’altro gruppo e con cui, dopo gli ovvi scambi di opinione sulle relative fatiche giornaliere, ci beviamo le nostre meritate birrette e ci abbuffiamo come se non ci fosse un domani.

Ma il domani c’è, eccome che c’è.. ed è pure brutto tempo!!! Per fortuna il panorama dal Forcellina ce lo siamo goduti ieri, oggi i nostri compagni non saranno così fortunati, le nuvole sono minacciose e le previsioni meteo pure peggio ma.. anche questo è essere un a c c o m p a g n a t o r e d i m e d i a m o n t a g n a s e r b e l l o n i m a z z a n t i v i e n d a l m a r e.

Partiamo senza troppi indugi, meglio superare un paio di punti difficili prima di essere avvolti dalle nuvole e bagnati dalla pioggia, cosa che puntualmente avviene ma per fortuna (o forse perché siamo stati bravi?) solo dopo i passaggi più complicati del nostro percorso odierno.

Stavolta sono il secondo a far da guida, voglio anche oggi togliermi di dosso l’ansia da prestazione il prima possibile. Le insidie oggi sono freddo, acqua e nebbia, pensare che ieri eravamo in maglietta a 3000 mt. e oggi ci tocca indossare guanti, giacconi e berrette ed affidarci alla bussola per trovare la direzione giusta. Ma anche questo è montagna, anche questo è essere un AMM, se fosse tutto facile non sarebbe neanche così bello (“per aspera ad astra” disse un tale). La parte finale della giornata è una lunga marcia su comoda stradina che ci riporta in Val Viola e da lì all’albergo. Questa sarà la nostra ultima notte insieme e la tensione per l’ultima prova lascia già un po’ di spazio alla malinconia.

In discesa verso il Passo di Verva con la nebbia.. è sempre parte del gioco..

L’ultima prova è uno slalom nel fiume, saltando da un sasso all’altro cercando di non cadere, qualcuno si bagna un po’ i piedi, qualcuno sembra volare su quei massi umidi, ma tutto sommato in 5 minuti è tutto finito.

Un ultimo sforzo per diventare professionisti della montagna

Ci abbracciamo e ci diamo appuntamento a Sondrio per gli ultimi moduli in aula, nella splendida cornice del Castel Masegra. Tre giorni in cui a farla da padrone sono le serate post lezione, in particolare la festicciola che organizziamo insieme al gruppo 2 alla sede del Rugby, dove una corsista riesce nell’intento di rompersi un piede ballando. Ma porca pu*****, hai scalato montagne, guadato fiumi, toccato con mano la cacca di cervo e adesso finisci così?

La festa di fine corso, tanta allegria e un po’ di malinconia

Per fortuna la tempra da montanara le consente di riprendersi prima degli

ESAMI DI ABILITAZIONE

La cosa più difficile degli esami di abilitazione? Aspettare il proprio turno! Siamo in 60 e quindi c’è la coda per ogni attività. Si parte col percorso cross, niente di insuperabile per chi come noi aspira a diventare un a c c o m p a g n a t o r e d i m e d i a m o n t a g n a s e r b e l l o n i m a z z a n t i v i e n d a l m a r e, pochi minuti ma intensi, con tre guide alpine attente a valutare ogni tuo passo, il pericolo maggiore è la tensione che potrebbe farti inciampare.

Fila tutto liscio, manca la parte teorica e quindi da buoni studenti ci ritroviamo a ripassare le ultime cose e a chiedere a chi l’ha già fatto quali siano le domande. Ma anche qui superiamo brillantemente le varie prove, c’è chi se ne torna subito a casa e chi, come me, decide di restare ad aspettare gli ultimi, coi quali festeggiamo con un’immancabile escursione ai piedi della Regina delle Orobie, la Presolana.

Ripasso finale in camera prima dell’interrogazione

Un ultimo abbraccio e poi via, in attesa degli esiti che saranno positivi per tutti!!!

Che dire? È stato un percorso lungo ed entusiasmante, dove abbiamo appreso tantissime cose, ci siamo messi alla prova, siamo cresciuti e siamo diventati dei professionisti della montagna. Ci siamo divertiti, abbiamo faticato, cantato, abbiamo stretto delle bellissime amicizie, ci siamo sempre supportati l’uno con l’altro, tutti con una grande passione ed un amore infinito per la grandiosità della natura.

Adesso tocca a noi, ognuno sulle sue montagne, ognuno a modo suo, a cercare di divulgare le nostre conoscenze e trasmettere questa passione a chi, come voi, che avete avuto la pazienza di leggere queste righe, vuole avvalersi per la prossima escursione della competenza e dell’entusiasmo di un a c c o m p a g n a t o r e d i m e d i a m o n t a g n a s e r b e l l o n i m a z z a n t i v i e n d a l m a r e…